Sono tante le testimonianze di tedeschi che si ribellarono al nazismo e a Hitler. Sono tante le storie da raccontare di gente semplice che compresero la follia di Hitler e dei criminali che lo circondavano.
Ce ne sono di storie da raccontare!
A me sembrano emblematiche le storie di quattro tedeschi che si ribellarono a loro modo al nazismo: il vescovo Clemens August von Galen, il pastore luterano e teologo Dietrich Bonhoeffer, il colonnello von Stauffenberg e il capitano Wilhelm Adalbert Hosenfeld.
GALEN
Il vescovo von Galen fu ribattezzato dalla stampa estera il “Leone di Munster” per il suo coraggio e la sua determinazione contro il nazismo.
Appartenente a una nobile famiglia, divenne vescovo di Munster il 5 febbraio 1933. Come vescovo si oppose con tutte le forze al nazionalsocialismo di Hitler, all’assurda idea della superiorità della razza, alla discriminazione verso i disabili e gli ebrei.
Dal giugno del 1941 in poi pronunciò, in accordo con Papa Pio XII, tre omelie contro il nazismo e il programma segreto Aktion T4 per l’eliminazione dei disabili. Tra le tante cose, nell’omelia del 3 agosto 1941 disse: «Hai tu, o io, il diritto alla vita soltanto finché noi siamo produttivi, finché siamo ritenuti produttivi da altri? Se si ammette il principio, ora applicato, che l’uomo improduttivo possa essere ucciso, allora guai a tutti noi, quando saremo vecchi e decrepiti. Se si possono uccidere esseri improduttivi, allora guai agli invalidi, che nel processo produttivo hanno impegnato le loro forze, le loro ossa sane, le hanno sacrificate e perdute. Guai ai nostri soldati, che tornano in patria gravemente mutilati, invalidi. Nessuno è più sicuro della propria vita».
Le omelie furone diffuse clandestinamente in tutta la Germania da cattolici, luterani e ebrei.
Non fu ucciso dai nazisti perché era amato e difeso dal suo popolo.
Il 6 giugno del 1946 pronunciò un’omelia forte e decisa, disse: «Sotto il nazismo dissi pubblicamente, e lo dissi anche riguardo a Hitler nel ’39, quando nessuna potenza intervenne allora per ostacolare le sue mire espansionistiche: la giustizia è il fondamento dello Stato. Se la giustizia non viene ristabilita, allora il nostro popolo morirà per putrefazione interna. Oggi devo dire: se tra i popoli non viene rispettato il diritto, allora non verrà mai la pace e la giustizia tra i popoli».
Divenuto cardinale il 21 febbraio del 1946 morirà nel marzo dello stesso anno a 68 anni.
BONHOEFFER
Dietrich Bonhoeffer, teologo tedesco nato a Breslavia nel 1906. Di famiglia agiata e ricca, studia teologia a Tubinga e a Berlino dove, Harnack, teologo e storico della Chiesa, vorrebbe che egli si dedicasse alle indagini storico-dottrinali, ma Bonhoeffer ha il desiderio di servire come pastore luterano nei quartieri poveri di Barcellona, di Harlem negli Stati Uniti e a Londra.
Ritornato in Germania, nel 1931, durante la dittatura nazista, segue a Bonn l’insegnamento di uno dei più grandi teologi contemporanei, Karl Barth, che si schierano fermamente contro il nazismo e i “cristiani tedeschi” che lo sostenevano. La presa di posizione della Chiesa confessante (la chiesa luterana ostile a Hitler), pronta a radicalizzare l’impegno contro il nazismo, vedono l’impegno di Bonhoeffer come guida per i seminari antinazisti e organizza l’espatrio di ebrei perseguitati. Per tutti questi motivi e per il suo marginale ruolo al complotto con i generali tedeschi nel 1943 che volevano attentare la vita del Fuhrer, nell’aprile dello stesso anno viene arrestato. Dopo due anni di prigionia sarà impiccato a Flossenburg.
Egli ha concretizzato quello che scriveva nella “Vita Comune”: «Portare il peso dell’altro significa sopportare la realtà creaturale dell’altro, consentire ad essa e arrivare attraverso la sopportazione a trarne motivo di gioia».
STAUFFENBERG
Claus Philipp Maria Schenk Graf von Stauffenberg nasce nel 1907, da una famiglia appartenente alla nobiltà cattolica tedesca.
Scelse la carriera militare ed ebbe una speciale predilezione per l’arte. All’inizio giustificò l’avvento del regime nazionalsocialista, ma fin dal 1938 iniziò a distaccarsi criticamente dal sistema totalitario. Nel 1943 fu ferito in Africa del Nord e rimpatriato.
«È tempo ormai di fare qualcosa. Ma chi esita ad agire deve aver chiaro in coscienza che passerà alla storia come traditore; e se omette del tutto di agire, sarebbe un traditore di fronte alla propria coscienza» scrive. Sarà l’autore dell’attentato al Führer del 20 luglio 1944, quando per un soffio, la carica esplosiva che Stauffenberg, divenuto capo di stato maggiore della riserva, depositò nella sala riunioni della Tana del Lupo di Rastenburg, nella Prussia Orientale, non riuscì ad uccuderlo.
Di conseguenza l’Operazione Valchiria, ovvero il piano pensato per disarmare e neutralizzare i centri di potere del Reich, fallì e nella notte tra il 20 e il 21 luglio, Stauffenberg venne ucciso e le sue ceneri gettate nelle fogne di Berlino.
HOSENFELD
Wilhelm Adalbert Hosenfeld nasce nel 1895 militare tedesco della Wehrmacht durante la Seconda guerra mondiale.
Prima della guerra fu un insegnate, da giovane fece parte dell’Azione cattolica.
Entrò nella Wehrmacht nel 1939 e fu inviato in Polonia dove vi rimase fino alla sua cattura da parte dei sovietici nel 1945.
Nel 1935 aveva aderito al partito nazista ma pian piano se ne allontanò vedendo come venivano tratti e considerati i polacchi e gli ebrei.
Proprio in Polonia partecipava a messa e riceveva l’Eucaristia con i polacchi anche se era vietato.
A Varsavia, ma anche prima, salvò tantissime persone, polacchi e ebrei. Tra loro anche il pianista Władysław Szpilman che ha scritto di lui nella sua autobiografia ed è evidente anche dal film “Il pianista” di Polanski.
Alla fine della guerra fu catturato dell’Armata rossa e a nulla valsero le insistenze dei testimoni, compreso Szpilman, per farlo rilasciare dai russi e restituito alla sua famiglia.
Morirà nel 1952 stremato nei campi di lavoro in Russia.
Nel giugno del 2009 Hosenfeld fu riconosciuto dal Yad Vashem come Giusto tra le nazioni.