Agira, Operazione “Cerere”: Riesame Conferma l’Impianto Accusatorio, ma Concede Domiciliari a Due Indagati
Il Tribunale del Riesame di Catania conferma l’impianto accusatorio dell’operazione “Cerere”, che ha portato all’arresto di diversi soggetti ad Agira, in provincia di Enna, con l’accusa di associazione mafiosa e altri reati. Tuttavia, i giudici hanno concesso gli arresti domiciliari a due indagati, Vincenzo D’Agostino e Michele Antonino Grasso, e hanno revocato l’aggravante mafiosa per un’ipotesi di violenza privata contestata a Antonino Scaminaci, per il quale è stato confermato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Resta in carcere Giovanni Scaminaci, considerato il referente di Cosa Nostra ad Agira e accusato di associazione mafiosa. Una decisione, quella del Riesame, che pur confermando la solidità dell’inchiesta, alleggerisce la posizione di alcuni indagati.
L’operazione “Cerere”, condotta dalla Polizia di Stato, ha portato all’arresto di diverse persone ad Agira, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, violenza privata e altri reati. L’inchiesta ha fatto luce su un presunto gruppo criminale operante nel territorio di Agira, con legami con la cosca mafiosa del capoluogo ennese, un tempo fedele al boss Gaetano Leonardo, detto “Tano u liuni”.
Giovanni Scaminaci: il Presunto Referente di Cosa Nostra ad Agira
Giovanni Scaminaci, in questa inchiesta, è l’unico accusato di associazione mafiosa, con tanto di recidiva, per la vecchia condanna del processo “Green Line”. Secondo l’accusa, Scaminaci sarebbe il referente di Cosa Nostra ad Agira, un ruolo di primo piano all’interno dell’organizzazione criminale. Per lui, il GIP ha accolto solo parzialmente il ricorso del suo avvocato, Sinuhe Curcuraci, facendo cadere un’aggravante contestata in relazione al furto di un cancello di ferro, avvenuto nell’ottobre del 2019.
Il Tribunale del Riesame ha concesso gli arresti domiciliari a Vincenzo D’Agostino, difeso dall’avvocato Orazio Spalletta. Per D’Agostino è caduta l’aggravante di aver agito con metodo mafioso in relazione a un’ipotesi di violenza privata e lesioni, l’aggressione ad alcuni allevatori di Agira. Una decisione che alleggerisce la posizione dell’indagato, pur confermando il suo coinvolgimento nella vicenda.
Arresti domiciliari, ma in Toscana, per Michele Antonino Grasso, difeso dall’avvocato Augusto Mongioj. Anche per lui, il Riesame ha alleggerito la misura cautelare, pur confermando l’impianto accusatorio.
Antonio Scaminaci
Per Antonino Scaminaci, difeso anch’egli dall’avvocato Orazio Spalletta, è stato confermato l’obbligo di presentazione alla caserma dei Carabinieri, ma è caduta l’aggravante mafiosa per un’ipotesi di violenza privata. Una decisione simile a quella presa per D’Agostino, che ridimensiona, almeno in parte, la gravità delle accuse a suo carico.
Nella geopolitica mafiosa della provincia di Enna, Agira ha sempre avuto un’importanza relativa, rispetto ad altri centri considerati roccaforti storiche dei clan. Tuttavia, il territorio di Agira è stato teatro di diversi business criminali, gestiti da personaggi in combutta con la malavita catanese. Un’area di interesse per le organizzazioni mafiose, che hanno cercato di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale della comunità.
Il Tribunale del Riesame di Catania, pur confermando l’impianto accusatorio dell’operazione “Cerere”, ha alleggerito la posizione di alcuni indagati, concedendo gli arresti domiciliari a due di loro e revocando l’aggravante mafiosa per un altro. Una decisione che non mette in discussione la solidità dell’inchiesta, ma che ridimensiona, almeno in parte, la gravità delle accuse a carico di alcuni soggetti coinvolti. Resta in carcere Giovanni Scaminaci, considerato il referente di Cosa Nostra ad Agira, mentre per gli altri indagati si attendono gli sviluppi del process