PALERMO – Dalle cronache di una morte scampata per un soffio alle maglie di una vasta operazione antidroga. Antonino Fragali, 43 anni, l’uomo che nel dicembre scorso sopravvisse miracolosamente a un agguato armato davanti al cimitero dei Rotoli, è stato arrestato oggi. Il suo nome figura in maniera prominente nell’elenco dei 22 soggetti coinvolti nel maxi blitz condotto dalla polizia nel quartiere Brancaccio, con la pesante accusa di essere uno dei promotori di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti su larga scala.
L’arresto di Fragali si inserisce in un’imponente operazione che ha inferto un duro colpo alle attività illecite nel rione Brancaccio, da tempo considerato una delle piazze di spaccio più attive e redditizie del capoluogo siciliano. Secondo le tesi della Procura di Palermo, il quarantatreenne, agendo in presunto sodalizio con un altro individuo chiave, Matteo Testa, avrebbe ricoperto un ruolo di vertice nell’organizzazione criminale. Il loro compito sarebbe stato quello di gestire l’approvvigionamento e la successiva capillare distribuzione di ingenti quantitativi di droga, destinati non solo al mercato palermitano ma anche ad altre città dell’isola. Non è la prima volta, peraltro, che il nome di Fragali emerge in contesti investigativi legati al narcotraffico: due anni fa, infatti, in un box situato nella zona di Ciaculli e ritenuto riconducibile a lui, le forze dell’ordine rinvennero e sequestrarono un carico di ben nove chilogrammi di cocaina. Nello stesso periodo, un altro episodio sospetto: il sequestro di una busta contenente 56.000 euro in contanti, somma che Salvatore Schirò – anch’egli arrestato nel blitz odierno – avrebbe ricevuto, secondo gli inquirenti, proprio da Fragali.
La figura di Antonino Fragali era balzata drammaticamente agli onori della cronaca nera lo scorso 22 dicembre. Quel giorno, erano da poco passate le 9:24 del mattino, mentre si recava compostamente a visitare la tomba del padre presso il cimitero dei Rotoli, divenne il bersaglio designato di un commando omicida. Le immagini, crude e eloquenti, riprese dalle telecamere di sorveglianza della zona – che si rivelarono poi fondamentali per l’arresto di Francesco Lupo con l’accusa di tentato omicidio – documentarono la fredda e spietata determinazione dei sicari. Fragali fu raggiunto da colpi d’arma da fuoco al torace e al gluteo. Trasportato d’urgenza e sottoposto a un delicato intervento chirurgico all’ospedale Villa Sofia, la sua sopravvivenza fu descritta dai medici come un vero e proprio miracolo. Secondo le ricostruzioni investigative, Lupo giunse sul luogo dell’agguato a bordo di un’automobile insieme ad altre due persone, al momento ancora non identificate e attivamente ricercate.
Dietro quel tentato omicidio, gli inquirenti hanno da subito delineato un movente che affonda le radici in una faida sanguinosa, una spirale di vendette incrociate. L’attacco a Fragali sarebbe infatti riconducibile, secondo le ipotesi investigative, al duplice omicidio del padre e del fratello di Francesco Lupo, barbaramente assassinati nel 2019 da Giovanni Colombo, il quale risulta essere cugino dello stesso Fragali. Fu proprio per tentare di sfuggire a questa catena di violenza e al timore di possibili, ulteriori ritorsioni che Antonino Fragali, insieme alla sua famiglia, aveva preso una decisione drastica e significativa: abbandonare la loro storica residenza nel turbolento quartiere Zen per trasferirsi nella periferia diametralmente opposta della città, stabilendosi proprio a Brancaccio.
Nonostante il tentativo di allontanarsi dai riflettori insanguinati della faida e di cercare una parvenza di normalità in un altro contesto urbano, il destino di Antonino Fragali sembra essere rimasto inesorabilmente intrecciato con le dinamiche del crimine. La sua nuova vita a Brancaccio non lo ha tenuto al riparo dai guai con la giustizia, culminati con l’arresto odierno per un presunto ruolo di spicco nel traffico di droga. Ora, mentre le indagini sul tentato omicidio ai suoi danni proseguono senza sosta per identificare i complici di Lupo, Fragali dovrà difendersi dalle pesantissime accuse mosse dalla Procura, che lo delineano come una figura nel complesso e lucroso scacchiere del narcotraffico palermitano; un’attività che, stando alle indagini, non avrebbe mai realmente interrotto.