Per un uomo nato nel 1973, innamorato del calcio non era facile scrivere di Diego Armando Maradona nel giorno della sua morte. Impossibile raccontare i secondi prima di un goal che a velocità naturale ti sembra la cosa più facile del mondo e devi vederlo e rivederlo per capire che ci sarebbe riuscito solo lui.
Non voglio parlare di calcio, del Napoli, dell’Argentina, della semifinale del ’90 o del quarto di finale contro l’Inghilterra nell’86. Ma voglio raccontare Diego Armando Maradona a tutte e a tutti quelli che hanno vomitato disprezzo da sinistra. Perché il Calcio é una cosa troppo poco intellettuale. Perché chi ama il calcio, si sa é sessista, tranne poi scoprire che abbiamo una nazionale di calcio femminile, migliore di quella maschile. Allora per qualche istante il radical chic di sinistra sospende il giudizio sul pallone.
Ma Maradona No, non si può proprio tollerare. Si comportava troppo male con le donne, ha eluso il fisco italiano, era un cocainomane milionario. Pessimo esempio in vita, uomo da disprezzare vivo o morto. La sinistra radical chic guarda agli ultimi del mondo, non può tollerare un milionario cocainomane, rozzo ed ignorante. E sputano la propria sentenza sui social dal divano di un salotto di 100 mq, sorseggiando un bicchiere di Sassicaia del 2016.
Diego Armando Maradona
A voi voglio chiedere se conoscete il Barrio Ejército de los Ande, meglio noto come Fuerte Apache, che diede i natali a Carlito Tevez o la miseria di Villa Fiorito, estrema periferia dove nacque e crebbe Diego Armando Maradona. Immaginate cosa possa significare nascere in una delle periferie più povere dell’America Latina, vivere in una stanza in 7, poi grazie al calcio trasferirsi quindicennr a Buenos Aires in un appartamento donato dall’Argentinos Juniors per tutta la famiglia. E restare lì durante la ferocissima dittatura di Videla per 7 anni, prima di essere d’improvviso catapultato in una lussuosissima villa di Barcellona a 22 anni, guadagnando in un solo giorno quello che il padre non avrebbe guadagnato in un’intera vita da manovale (lavorando le sue 11 ore al giorno) assaporando la libertà e le notti catalane.
Poi volate in quella Napoli anni ’80 centrale di distribuzione di cocaina per mezza Europa. Città calda, eccessivamente accogliente. Luogo in cui il Dio del calcio é stato chiamato a fare un miracolo alla stregua di San Gennaro. Fare vincere lo scudetto ad una squadra del Sud. Città in cui l’eroe può vivere solo quando il resto del mondo dorme e se chi comanda in città te lo concede.
La drammaticità di un riscatto sociale incompiuto
Forse allora si può comprendere che quella di Diego Armando Maradona é la drammatica storia di un riscatto sociale mai completato, la storia di un bambino predestinato, di un uomo fragile di cui era troppo facile prendersi gioco. La storia di un povero, senza strumenti culturali per reggere l’urto con la ricchezza smodata che arriva all’improvviso. Il suo travaglio autodistruttivo andrebbe trattato con la delicatezza con la quale ci si approccia ad un dramma individuale.
Ci fu un tempo in cui a Mar de La Plata, il Sud si ribellò al Nord con la forza di Chavez, la determinazione di Evo Morales, La sapienza di Néstor Kirchner e la passione di Lula. Un continente che si emancipava e sperimentava la propria via progressista. Mentre la sinistra europea si autodistruggeva tra vie blairiane e tecnocrazie comunitarie. Diego Armando Maradona stava sul Palco di Mar de La Plata. Mi piace pensare che sorridendo con Ugo Chavez stesse pensando al Goal di mano all’Inghilterra nel 1986. Mentre nei salotti della blasonata sinistra europea si discuteva della terza via, un po’ di destra, di Tony Blair.