Tradizioni Pasquali in Sardegna

Raffaele Longo
Raffaele Longo 3 min lettura

In Sardegna, l’evento della Pasqua è molto sentito facciamo un viaggio nelle tradizioni.

Per immergervi appieno nell’atmosfera di questo periodo, gli appuntamenti davvero immancabili sono: la Settimana Santa di Iglesias, la “processione catalana” di Alghero e la Settimana Santa di Castelsardo.
In Sardegna non è differente, solo che qui – in questa isola — ci sono tradizioni ancestrali, che si perdono nel tempo.

Le strade di quasi tutte paesi se riempiono di processioni e cortei di fedeli che sventolano rami di ulivo o palme.

I sardi chiamano la Pasqua, “Sa Pasca Manna“, in lingua sarda (it. la grande Pasqua).

Il Venerdì Santo vede invece l’organizzazione di rievocazioni in costume tradizionali della Passione di Cristo. La città di Iglesias, porta con sé i segni di un carattere forte e fiero, forgiato nel tempo. E’ qui che i riti della Settimana Santa si fanno più intensi e mistici.

Iglesias, di forte influsso spagnolo, nelle tradizioni c’ è una caratteristica impronta, origini che risalgono alla fine del ‘600, e che racchiude la spiritualità e la sacralità con i sette simulacri, simbolo della Passione di Cristo.

Indossano il tradizionale abito bianco inamidato e sa visiera, ovvero un cappuccio che copre tutto il viso – i Germani.

Il Venerdì, va in scena la rappresentazione, stile sacro barocco, del funerale di Gesù.
La Pasqua ad Alghero invece è religione e riti, ed è per questo che un suggerimento è fare un tour tra le chiese del centro storico, dalla magnifica cattedrale di Santa Maria alla Chiesa e convento di San Francesco, ma anche la chiesa di San Michele con la sua spettacolare cupola colorata e, la chiesa di San Carmelo.
La Domenica di Pasqua, però, la Sardegna se riempi di sensazioni. Sono tutt’altro che cupe e tristi, perché per i fedeli si celebra la Resurrezione di Cristo ed è un giorno di Festa. Ecco quindi le campane suonare e due cortei distinti, quello della Madonna e quella di Cristo Risorto.
Un racconto che vale la pena di essere vissuto in prima persona, tra il suono penetrante delle matraccas e il fascino misterioso dei volti coperti dei Germani.

Articolo redatto da: Thirsà Tirapelle

Raffaele Longo – MeridioPost

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