Luna park delle meraviglie chiamato Sanremo

Raffaele Longo
Raffaele Longo 9 min lettura

Quando guardi il festival è come se ti catapultassi in un luna park in cui avrai tante sorprese: sai che ci
saranno giostre che ti piaceranno, e altre meno, ma salirci su ti avrà comunque lasciato qualcosa.

Nubes Formazione

E, sicuramente, una delle attrazioni che più colpisce è la direzione artistica. Amadeus ha reinventato il
festival rendendolo più smart e gettando anche un ponte di collegamento fra social network e
televisione, un anello di congiunzione di cui Sanremo era carente. È stato in grado di operare una
trasfusione di linfa vitale in un festival che sembrava un po’ invecchiato.

Lo ha fatto in primis commistionando con successo l’attuale e il tradizionale.

La scelta di Gianni Morandi, come co-conduttore, già ci instrada in questo senso ed è una scelta felice: Gianni è dinamico sempre, si confronta e si diverte con i giovani anche dal punto di vista canoro, come ci mostra il duetto con Sangiovanni, e ne è ricambiato nell’entusiasmo. Ci regala anche momenti di grande simpatia come quando spazza via dal palco dell’Ariston la furia (opinabile) di Blanco.

Il leitmotiv di intreccio fra contemporaneità e passato musicale ritorna con le presenze di Gino Paoli, Ornella Vanoni, i Pooh e Peppino Di Capri. L’apice dell’emozione, in tal senso, che si trasforma addirittura in commozione, lo si raggiunge davanti al medley di Morandi, Ranieri e Al bano che con le loro canzoni ci fanno cantare da casa come all’Ariston.

Un luna Park chiamato libertà

Lo zucchero filato del luna park è sicuramente il senso di libertà che si respira in tutta la kermesse e il cui profumo si mescola a quello dei fiori di Sanremo.

Se il festival torna a riappropriarsi di quel suo tratto festoso, se rappresenta nuovamente tutti o la maggior parte degli italiani, è perché ognuno su quel palco si sente libero di esprimere se stesso e il proprio pensiero.

Libertà come valore già dalla prima serata, con l’elogio amorevole alla Costituzione da parte di Benigni, che inneggia in particolare all’ art. 21 di quest’ultima e che, sotto questa luce, ci ricorda il nostro passato e il nostro presente confrontando anche la nostra realtà con quella di paesi in cui nulla o quasi si può.

Ideale ripreso anche nel prendersi per mano tra Drusilla Foer e l’attivista iraniana Pegah Moshir Pour, che auspicano rispetto per la libertà in Iran denunciando, contemporaneamente, il regime oppressivo di questo paese.

Come sottofondo Baraye, la canzone diventata inno del cambiamento sociale iraniano

Drusilla Foer e l’attivista iraniana Pegah Moshir Pour

 

 

Una degna cornice: scenografia e outfit

Le scenografie poi sono impareggiabili: l’astronave mobile e luminosa di Gaetano e Maria Chiara Castelli, che conquista anche i Black Eyed Peas, è pensata come una imponente cupola rotonda, in grado di far risuonare al meglio la musica delle canzoni in gara.

Nella parte superiore di essa specchi segreti in grado di riflettere luci e colori, e di muoversi e protrarsi sino agli artisti.

L’immancabile scalinata che scende verso il pubblico divide gli spazi dedicati alla divina orchestra che magistralmente accompagna ogni pezzo e crea empatia con i cantanti in gara.

New entry è infine il sipario.

E poi non c’è luna park che si rispetti senza colori: quello degli outfit ad esempio.

E di outfit in grado di farci esclamare un “oh” di meraviglia Sanremo ce ne ha regalati tanti, dalla significativa nudità disegnata sul corpo di Chiara Ferragni alla romantica compostezza di Tananai.

Senza trascurare il sexy total black di una splendida Elodie, il velluto avvolgente della jumpsuit di Carla Bruni, il luccichio delle paillettes di Mara Sattei e i sensuali dettagli cut dell’abito che ha sottolineato la figura di Luisa Ranieri, per dirne alcuni.

I cantanti in gara hanno insomma saputo incarnare l’affermazione di Gianfranco Ferré per cui “L’eleganza non nasce solo da ciò che porti, ma anche da ciò che pensi”.

Luisa Ranieri

L’impegno sociale tra musica e monologhi

L’abbattimento dei tabù  è un’altra caratteristica di questo festival: le canzoni e i cantautori parlano del male subdolo della depressione sia nei testi che nelle interviste, e il podio guadagnato da Mr Rain attesta che il pubblico ha apprezzato questo lavoro di introspezione.

Chiara Francini ci fa ascoltare un toccante monologo sulla sua maternità mancata: il problema al centro del monologo è che, ancora oggi, la maternità è vista in qualche modo come un obbligo delle donne: senza un figlio, a causa delle pressioni sociali, molte donne si sentono in qualche modo in difetto, incomplete, per il semplice fatto di non avere l’istinto materno che tutti danno per scontato.

Paola Egonu, invece, ci parla del sentirsi “un’italiana diversa” e di come affronta il malessere che ne consegue; la giornalista Francesca Fagnani ci porta nella realtà sospesa dei giovani detenuti del carcere di Nisida facendosi portatrice delle loro voci e pronunciando una frase molto forte rivolta allo Stato che “dovrebbe combattere la dispersione scolastica e garantire pari opportunità ai più giovani perché è una questione di democrazia e uguaglianza.

Lo Stato dovrebbe essere più sexy e attraente dell’illegalità”.

Chiara Ferragni, invece, ha deciso di parlare alla sé stessa bambina raccontandole le difficoltà affrontate da lei e da ogni donna tutti i giorni.

Il significato della lettera vuole essere un messaggio forte a chi ha intrapreso un percorso (o sogna di farlo) con un’esortazione a buttarsi a capofitto nella vita, a dispetto dei momenti difficili, del duro lavoro che una donna deve affrontare in una società patriarcale e di chiunque possa tentare di affossare i nostri sogni e ridimensionare la nostra personalità.

Pensati libera

Rimarca poi gli inutili e dolorosi attacchi degli haters nei suoi confronti e, in una delle sue apparizioni sul palco, difende i diritti delle donne anche nei confronti dell’aborto.

I mille volti dell’amore

E l’amore trionfa in tutte le sue forme a Sanremo: da quello contradditorio di Grignani per suo padre a l’ amore trasgressivo di Rosa Chemical che, con Mara Venier nel dopofestival, anche in risposta alle polemiche del suo bacio a Fedez, esalta il concetto dell’universalità di tale sentimento.

E tra i due estremi, tante sfumature che lo contraddistinguono: oppure sofferto di Madame che parla dell’amore di una prostituta per un suo cliente dove lei prova rimpianto e lui rimorso; dilaniante è l’ amore di Lazza che chiede alla sua compagna “di aiutarlo a sparire come cenere”; quello struggente di Tananai che ci riporta al conflitto in Ucraina.

Il  momento finale, la vittoria di Marco Mengoni che ci fa innamorare della sua canzone “Due vite”.

 

Viva il Luna park

Il luna park è gioco, e il fantasanremo ne incarna lo spirito in maniera coinvolgente facendo partecipare tutti, dalla Generazione Z ai Boomers.

Quest’atmosfera ludica ha alzato lo share giovanile, in quanto i ragazzi da casa hanno vissuto il festival con divertimento creando scommesse sui bonus e malus, attribuiti ai membri delle proprie squadre, pagati in “baudi”.

E non potevano mancare, in questo clima di allegria, gli sketch irresistibili di Fiorello che conducendo “Viva rai 2” (che per l’occasione si veste da sera) canzona bonariamente il festival per i suoi orari da maratoneta e commenta in chiave ironica tutti i momenti salienti delle serate.

Sanremo insomma fa parlare tanto di sé e quando finisce e scendi dalla giostra ti fa malinconicamente cantare insieme ai Cugini di Campagna “Non lascarmi solo, non lasciarmi qui”(Lettera 22).

Articolo redatto per MeridioPost da Bice Sabatino

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