Un’articolata operazione di polizia ambientale, denominata “Dirty Mud” e coordinata dalla Procura della Repubblica di Agrigento, sta gettando ombre sulla gestione dei lavori di dragaggio effettuati nel porto di Trapani. Nel mirino degli investigatori della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Porto Empedocle sono finite le procedure relative al trasporto, trattamento e smaltimento finale dei fanghi e dei sedimenti prelevati dall’avamporto e dalle aree adiacenti lo sporgente Ronciglio.
L’indagine, che ha preso le mosse nel settembre del 2024 e si è estesa oltre i confini regionali, toccando anche Lazio e Campania, punta a verificare la corretta applicazione delle normative nazionali a tutela dell’ambiente marino e costiero. Sotto esame anche il rispetto degli obblighi previsti dal contratto d’appalto pubblico, stipulato con l’Autorità di Sistema Portuale della Sicilia Occidentale, che imponeva procedure rigorose per la gestione di questi rifiuti speciali.
Secondo quanto previsto dal capitolato d’appalto, i fanghi estratti dal fondale del porto di Trapani avrebbero dovuto subire un trattamento specifico. Era infatti prevista l’installazione, sul molo di levante di Porto Empedocle, di un sofisticato impianto mobile di lavaggio dei sedimenti, tecnicamente definito “sediment washing”. Questo impianto era dedicato esclusivamente al trattamento dei materiali provenienti da Trapani. Successivamente, i rifiuti trattati sarebbero dovuti essere stoccati provvisoriamente in un’area demaniale appositamente individuata in località Caos, nel Comune di Porto Empedocle, prima del loro definitivo smaltimento.
Tuttavia, le meticolose attività investigative condotte dalla Guardia Costiera avrebbero fatto emergere un quadro differente. Gli elementi probatori raccolti suggeriscono che i fanghi, una volta trasportati tramite due draghe all’impianto di “sediment washing” gestito dalla società capogruppo aggiudicataria dei lavori, in realtà non avrebbero subito alcun trattamento significativo, o al massimo un intervento del tutto marginale. Dopo questa fase, i materiali sarebbero stati stoccati e successivamente conferiti presso una discarica situata nella provincia di Agrigento, bypassando di fatto l’essenziale processo di bonifica.
Le autorità inquirenti mantengono uno stretto riserbo sui dettagli dell’operazione, sottolineando come i provvedimenti adottati in questa fase investigativa non implichino alcuna ammissione di colpevolezza per i soggetti coinvolti, la quale potrà essere accertata solo al termine dell’iter giudiziario con una sentenza irrevocabile. L’inchiesta “Dirty Mud” prosegue dunque per definire con esattezza le responsabilità e valutare l’impatto ambientale delle presunte irregolarità, in un contesto di massima attenzione alla salvaguardia del delicato ecosistema marino e costiero siciliano.
Fanghi dal porto Trapani portati a Porto Empedocle Sotto Inchiesta
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