“È capace che vengono stasera sti gran cornuti”. Era una calda notte dello scorso luglio e Salvatore Vallelunga, parlando al telefono, non riusciva a nascondere il terrore. I Carabinieri avevano appena smantellato il vicino clan di Resuttana e lui, affiliato alla cosca di Carini, sentiva che il suo turno si stava avvicinando. Quella paura, intercettata dagli investigatori, era profetica. Oggi si è trasformata in una dura realtà: una condanna a 10 anni di carcere per lui e pene pesanti per altri membri del clan.
Si è chiuso così, davanti al giudice per l’udienza preliminare di Palermo, il primo capitolo del processo nato dal blitz dei Carabinieri dello scorso gennaio. Il giudice ha accolto in pieno la ricostruzione del pubblico ministero della DDA, Giovanni Antoci, condannando a 12 anni Giuseppe Passalacqua e infliggendo una pena totale di 18 anni da scontare a Sergio Giannusa.
L’indagine aveva fatto luce su un pericoloso mix che governava il mandamento di Carini, un’alleanza tra la vecchia guardia e le nuove leve. Da un lato, un uomo del calibro di Sergio Giannusa, storico braccio destro del capomafia di Resuttana, Salvo Genova. Dall’altro, giovani rampanti come John Pipitone (il cui processo prosegue con rito ordinario), figlio del boss ergastolano Giovan Battista Pipitone, che avrebbe cercato di ereditare il ruolo di comando forte del suo cognome.
Le intercettazioni sono state la chiave per scardinare il sistema e per capire la mentalità del gruppo. La conversazione di Salvatore Vallelunga è un documento eccezionale, la fotografia della paranoia di un clan che si sente braccato. “Stanotte l’opera c’è stata… a tutti quelli di là e ora incominciano con qua”, diceva, temendo le foto delle telecamere di sorveglianza. Raccontava anche del consiglio del padre (Vincenzo Vallelunga, poi deceduto), che gli aveva suggerito di fuggire a Favignana per scampare all’arresto imminente.
Quelle parole, che all’epoca erano la cronaca di una paura, oggi suonano come la cronaca di un destino segnato. La risposta dello Stato, che tanto temevano, è arrivata puntuale. La sentenza di oggi ha smantellato un altro pezzo di Cosa Nostra, neutralizzando un pericoloso asse tra i mandamenti di Carini e Palermo e confermando che, per chi sceglie la via della mafia, la notte della cattura, prima o poi, arriva sempre.