L’incoronazione, si fa per dire, era ampiamente annunciata, ma non per questo meno intrisa del consueto teatrino di divisioni che anima il Partito Democratico in terra di Sicilia. Anthony Barbagallo, fedelissimo dell’area Schlein, si ritrova riconfermato alla segreteria regionale, ma la sua è una vittoria che sa di Pirro, conquistata in solitaria dopo che le altre anime del partito – quelle facenti capo a Bonaccini e l’ondivaga e irrilevante di Orfini– hanno preferito la via dell’Aventino. Il casus belli? L’eterna, irrisolvibile querelle sulle modalità di voto, con gli schleiniani arroccati sulla consultazione dei soli iscritti e gli altri a invocare le primarie aperte, miraggio di una parvenza di democrazia.
Il ritiro della candidatura di Antonello Cracolici, presidente della Commissione parlamentare regionale antimafia, che nelle sue intenzioni, credendosi autorevole, superpartes e sempiterno, avrebbe dovuto fungere da improbabile paciere tra le fazioni perennemente in lotta, ha di fatto spianato la strada a Barbagallo. Ma che nessuno si illuda: la pace è ben lungi dall’essere siglata. Gli “strascichi”, come ammettono candidamente, sono dietro l’angolo, e i rivali interni del segretario appena riconfermato già affilano le armi, pronti a dissezionare la percentuale – presumibilmente non plebiscitaria – incassata da un candidato unico per necessità altrui, più che per acclamazione. Un copione già visto, che promette nuovi entusiasmanti capitoli di autolesionismo politico.
E se Atene piange, Sparta non ride. Il caos, infatti, non si è limitato al vertice regionale, ma ha contagiato con egual virulenza anche la base, come dimostra la farsa dell’elezione del segretario Pd di Siracusa. Qui, il successo di Alessandro Dierna, ingegnere di 45 anni, ha scatenato l’ira di un pezzo da novanta dell’area Schlein locale, l’ex presidente della Provincia Bruno Marziano. Quest’ultimo, vedendo sconfitta la candidata Maria Grazia Ficara (appoggiata, in un intreccio di correnti che farebbe impallidire un bizantinista, dal segretario provinciale Gerrarata e dal senatore Nicita), non ha perso tempo e ha presentato ricorso al commissario per il congresso siciliano, Nico Stumpo. L’oggetto del contendere? Il voto online.
Marziano, con un tempismo che la dice lunga sulla serenità interna al partito, contesta la validità del suffragio telematico, a suo dire non contemplato dal Regolamento. “Il Regolamento regionale… non prevede la possibilità di esercitare il voto online”, tuona nel suo ricorso, sottolineando come a Siracusa questo “peccato originale” digitale sia stato determinante, con un buon 10% di preferenze espresse via web che avrebbero designato il vincitore. L’ironia suprema, che non sfuggirà ai più attenti osservatori delle dinamiche piddine, è che proprio l’area Schlein a livello nazionale si è spesso fatta paladina delle modernità e delle consultazioni online.
Ma le contraddizioni, si sa, sono il pane quotidiano di questo PD. Marziano evidenzia un’altra “contraddizione difficilmente sanabile”: gli iscritti che hanno votato online per il segretario di circolo non hanno potuto esprimersi per il congresso regionale, risultando formalmente assenti. Un pasticcio burocratico che ben rappresenta la capacità del partito di complicarsi la vita anche sulle procedure più elementari. La richiesta è dunque quella di annullare il voto online, quantomeno nel capoluogo aretuseo dove sarebbe stato decisivo.
E così mentre il 99,7% circa dei siciliani vive e affronta i problemi reali della vita, il Partito Democratico isolano continua ad offrire lo spettacolo logorante delle sue beghe interne, tra cavilli regolamentari, sospetti incrociati e una conflittualità perenne che lo allontana sempre più dai cittadini. Viene da chiedersi con quale credibilità un partito così lacerato e incapace di gestire i propri processi interni, ridotto ai minimi termini, possa proporsi come alternativa di governo. Ma forse, per loro, l’importante è continuare a giocare, anche se il gioco è quello del “tanto peggio, tanto meglio”… per gli avversari.